La società moderna, almeno quella italiana, è basata sull’inciucio.
Rinunciare all’inciucio significherebbe tornare all’istante al peggior medioevo, mentre tutti noi siamo votati al progresso. E che progresso!
IN QUEL TEMPO
In quel tempo, stanco di guadagnare senza fare troppa fatica, lo Stato Italiano decide di dare ai privati la gestione di alcuni suoi beni.
Era il tempo in cui tutti cantavano “sia lodato e ringraziato l’operato del bravo e buon privato“. E tutti a cercare “capitani coraggiosi” , fondi privati dai nomi riservati, la Banda della Magliana, la banda dei magliai (la cui similitudine è puramente casuale) e altra amena fauna.
I DOLORI DEL DIRIGENTE
Essere un dirigente pubblico era motivo di depressione: lunghe file di inutili burocrati facevano l’attesa per avere il conforto del psicologo: per loro tutto era un fallimento, si sentivano ladri, parassiti e pelandroni. Qualcuno, nella totale disperazione tentava il “salto”: mettersi sotto padrone “privato” a friggere patatine. Meglio tornare a casa unto e bisunto piuttosto che avere il rimorso dei timbri ministeriali e la targa di fancazzista.
L’ARCOBALENO
Come nelle migliori tradizioni, dopo la tempesta furibonda, ecco sorgere una nuova alba: il Privato. Il Privato poteva salvare il lavoro che un tempo fu pubblico. Il Privato è migliore, infatti il Privato è privato di scrupoli, i quali come noto producono vertigini, cefalee e alterazione del ciclo mestruale.
“Datemi un Privato e solleverò il mondo” era il mantra dei nostrani pensatori. Prodi, con i suoi parenti (“avanti miei Prodi!“) dirigeva la crociata privata, privata nel senso che erano fatti della cerchia, mica della collettività.
Ecco il risveglio del Capitale: ieri si lucrava sul sudore del lavoratore, oggi si può lucrare sulla sua pelle, sul suo sangue. E vai di welfare privato, e vai di esami a pagamento (che fai prima e meglio). Insomma, privato è davvero meglio. Tutti a santificare la sanità privata come in Svizzera, fatto poi salvo di non sapere di cosa si stia parlando. Per inciso, sì in Svizzera la sanità è privata, ci son le assicurazioni, ma le retribuzioni devono essere adeguate ai “pilastri” come li chiamano lì. Insomma se uno lavora deve avere un reddito per poter pagare l’assistenza.
Per fare un confronto qui non si ha reddito, non si ha assistenza e se uno sta male, ‘azzi suoi.
Non fa una piega.
PASSO DOPO PASSO
Di pantalone in pantalone, via via sempre più corti, siamo finiti in mutande.
Prendiamo le autostrade. Prima erano di gestione pubblica poi vengono date in concessione al privato. Il pubblico si limita a richiedere un certo livello di servizio, riscuote una “fee” (tassa) e per il resto ci pensa il concessionario. Il privato, che è sì privato, ma non è pirla, non fa manutenzione, tanto chi se ne può accorgere? E il privato risparmia sulle spese, ma non taglia le tariffe: è obbligato ad avere un utile perchè è privato.
Poi, siccome “sparagnare” è bello, il privato si accorge che certi lavori di manutenzione non si possono proprio fare, rischiano di mandare a ramengo il bilancio e il necessario utile. Un imprenditore, diceva Sirvio de Arcore, è uno ottimista, vede le cose positivamente. Non è il solito “malmostoso”, è solare, gaudente.
Di conseguenza il concessionario autostradale sa (gliel’ha detto in sogno l’Arcangelo) che mai un ponte cadrà per sua incuria. Nessuna crepa insidierà il calcestruzzo : Dio lo vuole!
LA ROBUSTEZZA
La questione della sicurezza è stata sempre molto importante per i ponzaniani: per loro sicurezza significa stare tranquilli, non avere fastidi. É la famosa sicurezza sul fatturato. Ecco perchè raccomandano sempre la sicurezza. Ah che imprenditori!
Però siccome sono dei perfezionisti, qualche volta hanno pensato anche alla manutenzione delle autostrade. Pare che ad un certo punto fossero indecisi se rifare il manto stradale nella zona di Fiorenzuola, oppure il Ponte di Genova. Poi, durante un consiglio di amministrazione, un responsabile fece un ragionamento molto netto. Disse più o meno così: “…mentre progettava il Ponte di Genova, Morandi scriveva «la fisarmonica», che è un successo internazionale che non conosce tempo. É quindi è ovvio che il Ponte sia altrettanto eterno. Chiaro, no?“. L’osservazione era geniale e tutti si alzarono in piedi applaudendo e poi tutti a festeggiare la trovata, alla macchinetta del caffè.
LA MACCHINETTA DEL CAFFÉ
La ristrutturazione degli uffici di Atlantia era costata un botto. Era stato ingaggiato un architetto di grido, nel senso che il suo onorario era da urlo. Pazienza, dissero i ponzaniani, “ci rifaremo con qualche ritocco ai pedaggi“.
Poi come tutti gli uffici che si rispettino ci voleva qualche un minimo angolo bar, dove servire un the o un caffè. Il più piccolo dei trevigiani magliai, che è un po’ sparagnino disse: “andiamo all’Unieuro che ci sono le macchinette in offerta e ti regalano anche 120 cialde. Dai!”. Poi i magliai seniores, optarono saggiamente per un modello un po’ più “elevato“: non volevano sembrare quelli che hanno il “braccino corto” o peggio passare per provinciali.
Decisero di farsi fare la macchinetta del caffè. Scelsero uno dei tanti produttori di distributori automatici e chiesero delle modifiche. Alla fine venne fuori il “loro” modello: una macchinetta del caffè capace di contenere fino a due filippini. Avevano pensato anche alla versione con gli ecuadoregni, ma quelli di solito hanno la panza e si sarebbero intralciati a vicenda stando dentro la macchinetta.
A conti fatti, i nostri bravi imprenditori, non avevano perso: la macchinetta era in grado di soddisfare quasi tutte le richieste: “il caffelatte lo verrei tiepidino e con poca schiuma” oppure “mi metta mezza bustina di zucchero di canna e me lo giri che ho fretta“. Gli avventori erano entusiasti. Ah, genio italico!
DIO IN VACANZA
Siccome il settimo giorno il Signore si riposò dalle fatiche, ecco che la sfiga, che al contrario non dorme mai, prende e tira giù un bel tratto di autostrada.
Essendo sfiga ci scappan dei morti, anzi, non scappano, rimangono sotto. Sì, non ho sbagliato: se uno non scappa e muore la colpa è sua. Se non ci fosse la tragedia ci sarebbe da ridere, eppure è così: il questo meraviglioso paese. Qualche dubbio? Dopo, con calma, leggete qua.
Torniamo in chiesa, Padreterno si distrae e casca il Ponte di Genova, il Morandi. Lutti e disastro.
POVERI LORO
Allora il ponte cade. Senza essere dei genii dell’edilizia, si capisce al volo che la manutenzione è mancata. Per capirci: se a Pioltello (MI) un treno deraglia, non è che ha perso il ritmo ed è inciampato sulle sue ruote, è che magari qualcuno non ha sostituito una parte ammalorata. Chiaro no?
Ora a Genova il ponte è in mano ai trevigiani di Ponzano, al secolo Benetton. Anzi, non proprio, è in mano ad Atlantia che poi è in mano ancora ai Benetton (sotto le spoglie di “Sintonia Spa”) e ai fondi internazionali.
Ora dopo il disastro del crollo del ponte, ai vertici di Atlantia viene uno “scioupün“, un sussulto: “…vuto vedare che Roma ea ne voe incolpare (a noantri de Ponsan) che gavemo fato un bordeo, e che gavemo ciavà i schei?” [NtT, vuoi vedere che lo Stato Italiano ci addossa delle responsabilità? ].
A PROPOSITO DI FONDI
Tra i compagni (non nel senso politico) di merende dei trevigiani vi è anche Appia Investments Srl, che poi è anche nel Michigan (USA). Giusto per curiosare nel senso “camerale“, incappo sul sito:
ovviamente la Massoneria non c’entra, noi lo capiamo subito! Non siamo mica fessi che credono ai complotti ed ai cartelli. No, noi no!
É LA “CRICCA” BELLEZZA!
Nessun problema.
Nessun problema, nel senso che lo Stato italiano starà buono buono, come è giusto che sia.
In fin dei conti la proprietà privata è riconosciuta nei fondamenti della Costituzione, mica il bene comune!
Succede quindi che qualcuno dello Stato, magari il Governo, magari dei 5Stelline, magari Conte, succede, dicevo, che qualcuno dia “ampie assicurazioni” per la tranquillità di Atlantia e compagnia briscola. Mi spiego meglio: sono in corso indagini (tranquilli, con calma, senza ansia, prego) e lo Stato già si preoccupa di non nuocere al privato malandrino (malandrino nel senso che risparmiando ha causato una strage).
Ma da dove nasce questo obbligo alla rassicurazione dei trevigiani? Sono tutti deboli di cuore? Erano troppo affranti con vistose borse sotto gli occhi?
Nella storia scalcagnata della bananistica Repubblica Italiana ci sono stati tanti episodi grotteschi, vergognosi e infami. Tanti, troppi. Poi essendo abituati a questa gestione “merdicola” non si nota lo schifo di certi “inciuci”.
FINALMENTE LO SCHIFO!
Munito di guanti di lattice, maschera antiatomica e Maalox, vado a verificare e a pagina 44 di un utile documento, letterale:
In particolare, con nota del 15 luglio 2021, ASPI ha nuovamente trasmesso al Concedente lo schema
del III Atto Aggiuntivo alla Convenzione Unica unitamente al PEF e agli altri allegati, con nota del 21
luglio 2021, il Concedente ha comunicato di aver trasmesso la documentazione ricevuta
all’Avvocatura Generale dello Stato per l’acquisizione del parere afferente l’ipotesi per la definizione
consensuale della contestazione di grave inadempimento.
quindi passa qualche mese, e dopo laboriose elaborazioni:
Il 14 ottobre 2021 il Concedente ha comunicato che “in considerazione del rilevante interesse sociale
assunto dalla proposta, e acquisito l’assenso delle Autorità politiche, si è proceduto ad aggiornare il
testo dell’Accordo del 23 settembre 2020 per recepire la rimodulazione della destinazione dell’importo
in questione nei termini indicati da codesta società”. In pari data, l’accordo negoziale è stato
sottoscritto tra il Ministero per le Infrastrutture e la Mobilità Sostenibili e ASPI a chiusura del
procedimento di presunto grave inadempimento.
Chiaro?
I 5Stelline, per rispetto del fatturato dei trevigiani, han preferito ignorare la strage e il disastro. Dei veri gloriosi!
L’ultima fetta di schifo è quella di Conte (degno rappresentante dei 5S), il quale all’indomani della strage si dichiara “avvocato d’Italia”, fatto salvo per poi passare dall’altra parte. A me viene in mente il bel Giovanni Leone ai tempi del Vajont: strage, dichiarazioni e poi salto del fosso. Che scuola!
CONCLUSIONE
Bel paese questo. Poi con tutti questi maestri, ti credo che riusciamo a far bella figura anche in Europa!
In una qualsiasi Ungheria, essendo un paese retrogrado, i responsabili sarebbero appesi…all’attaccapanni (è in Iran che usano la gru).
Qui da noi, tout se tien, come col porco: non si butta niente!