Il “trio sieristico” c’aveva preso: con il canto si può sconfiggere anche il Covid.
Noi che siamo ignoranti e malfidenti, pensavamo che quel canto natalizio fosse solo una boutade dei tre tele-sieratori. Anzi peggio: pensavamo che con la storia di mandare tutti a farsi “vaccinare”, costoro (i tele-sieratori) ci guadagnassero anche dei soldi. Il che è impossibile perchè da delle persone così brave e timorate di Pfizer era impossibile una simile carognata.
A QUEL TEMPO
Già a suo tempo Pitagora definiva tutto il “suono” creatore. Anche sul versante biblico c’è una convergenza: “In principio era il logos [il suono]“.
Certo, facevamo fatica a comprendere come un virus modello Brachetti (=che cambia sempre) potesse essere collegato con le frequenze acustiche.
Noi bifolchi eravamo rimasti al “canta che ti passsa”: se poi era Al Bano e Romina allora passava prima.
MEA CULPA, MEA MAXIMA CULPA
Poi alla fine tutti i nodi arrivano al pettine: recentemente è stato chiarito scientificamente che il suono influenza l’influenza.
La scoperta, risalente al 2021, è stata fatta in un ospedale Irlandese. A dirla tutta all’inizio pensavo che questa scoperta fosse nata all’interno del pub di un ospedale, magari tra una Pils e una Red, con tanto di fumi di cannabinoidi.
COSA SOSTENGONO
Siccome il virus “viaggia” con le “goccioline” emesse quando si parla, ecco che quando si pronunciano alcuni fonemi è maggiore la produzione di droplets (goccioline).
Ora alcune lingue si caratterizzano per la maggior frequenza di alcuni suoni rispetto ad altri.
Come ragionamento potrebbe starci, ma è di una marginalità incredibile, tanto da ignorare le reali cause e magari ed il vero ed effettivo “peso” di questa “pandemia”.
A costo di ripetitività questo era l’andamento della strage da Covid:
traduco dal grafico: un piffero!
Ora andiamo all’articolo, questo un estratto tradotto:
Alcuni studi ipotizzano che alcuni tipi di suoni usati nelle lingue del mondo producano più goccioline rispetto ad altri suoni; Ciò potrebbe avere un impatto significativo sulla trasmissione dei virus in base alla lingua che parliamo. Ad esempio, Asadi et al. [8] hanno studiato l’effetto del modo di vocalizzare e articolare sull’emissione di particelle di aerosol durante il linguaggio umano. Gli autori hanno misurato i tassi di emissione di particelle di 56 individui sani che hanno prodotto telefoni in isolamento e parlato parlato. I risultati hanno mostrato che alcune vocali (ad esempio, /i/) producono più particelle di altre (ad esempio, /ɑ/), e le consonanti occlusive sonore (ad esempio, /b/) producono più particelle delle fricative sorde (ad esempio, /f/). Abkarian e Stone [9] forniscono nuove prove sui meccanismi che creano goccioline in bocca. I ricercatori hanno registrato un video ad alta velocità di un volontario che ha prodotto vari suoni. I risultati hanno dimostrato che le consonanti /b d p t/ hanno creato la maggior parte della saliva perché coinvolgono una raffica d’aria attraverso uno stretto spazio pieno di saliva. Al contrario, le consonanti come /m/ producono solo poche goccioline perché l’aria viene inviata attraverso il naso. Tutte le consonanti che sono state trovate a creare molte goccioline durante il discorso hanno lo stesso modo di articolazione; Sono consonanti di stop o occlusive. Tali consonanti sono prodotte con una chiusura completa degli articolatori (ad esempio, labbra, lingua) che impedisce all’aria di fuoriuscire dalla bocca. Quando gli articolatori si separano l’uno con l’altro, l’aria viene rilasciata in una piccola raffica di suono [10].
Inouye [11] ha sviluppato un’ipotesi controversa per giustificare il fatto che i turisti giapponesi in Cina nel 2003 non sono stati infettati dalla SARS a differenza dei turisti americani. L’autore propone che l’uso di consonanti aspirate aumenti la possibilità di trasmissione della SARS da uomo a uomo poiché tali consonanti emettono molte goccioline rispetto ad altri tipi di suoni. Sottolinea la possibilità che i commessi cinesi parlassero ai turisti giapponesi in giapponese, una lingua in cui l’aspirazione è debole, mentre parlavano ai turisti americani in inglese, che ha un’aspirazione più forte; questo potrebbe spiegare l’infezione zero dei turisti giapponesi.
CONCLUSIONE
Ma siamo sicuri di aver bisogno di bisogno di queste boiate? anche no.
https://link.springer.com/article/10.1007/s11845-020-02500-3